Abbiamo ballato duro per davvero
Sono rimasta ferma a un paio di sabati fa: quello che successo è stato inspiegabile, rumorosissimo. Le Pixie si sono fatte trovare preparatissime sotto tutti i punti di vista e l’ha dimostrato il sold out, grazie per averci fatto ballare fortissimo.
Backstage tales ha ritrattola prospettiva delle artiste unendo il lavoro di realtà e persone che da sempre credono e combattono per gli stessi valori. I teli del set-up di Giuditta Vettese si sono intrecciati proprio come hanno fatto le storie delle artiste, in uno scenario costellato da forme, donne e anime preziose. Forme che sono state delineate anche sui corpi delle ragazze, grazie alla collaborazione con Fantabody, brand che ha vestito e valorizzato le artiste per l’occasione.
Pixie vuole andare anche oltre la musica per trasmettere l’essenza delle autrici coinvolte e c’è riuscito in maniera limpida, coinvolgendo a pieno il pubblico, facendolo divertire e riflettere sulla problematica su cui è stato basato l’evento: la disparità di genere all’interno dell’industria musicale.
Non avrei mai pensato che nove artiste si aprissero in maniera così genuina e sincera a un dialogo così personale, intenso, che tocca tematiche delicate e profonde. Invece è successo e poi sono salite sul palco per portare a tutti la loro musica e la loro visione del mondo.
Le ragazze in questione non avrebbero bisogno di presentazioni ma, se non le conoscete, avrete modo di farlo con alcune parole che abbiamo scambiato e alcuni scatti che le ritraggono nella loro essenza.
Qual è l’ultima cosa a cui pensi prima di salire sul palco?
A dare il massimo, a non sbagliare, a ricordarmi il testo ma, soprattutto, a creare un contatto visivo con il pubblico e cercare di coinvolgerlo il più possibile. L’ultimissima cosa a cui penso prima di iniziare a cantare è divertirmi, quindi salgo sul palco col mood divertiamoci.
C’è stata una grande evoluzione nel tuo stile e uno dei tuoi ultimi brani è stato prodotto da Fiodor Fogliato e okgiorgio, che hanno un approccio particolarmente elettronico e sperimentale alla musica: ti volevo quindi chiedere come e quando siete riusciti a trovare un equilibrio tra il tuo e il loro modo di lavorare.
L’idea iniziale del brano in questione, Icona, è basata su un typebeat abbozzato; poi in realtà la struttura l’ha fatta okgiorgio, l’ha messa in piedi da zero. Con Fiodor abbiamo lavorato su quello che aveva fatto Giorgio, modificando un po’ di suoni, adattandolo e andando nei dettagli. È stato un lavoro di squadra e mi sono trovata benissimo anche con Giorgio che ha dato una grinta, una dinamica al pezzo incredibile.
Una cosa che ami e una cosa che odi dell’essere un’artista donna all’interno dell’industria musicale?
Una cosa che amo è che la voce femminile serve, sta bene su tutto, soprattutto sulle canzoni cantate dagli uomini mettici la voce femminile con l’ottava sopra e ti svolta il brano. Poi noi possiamo portare il punto di vista femminile su determinati argomenti, su cose che magari gli uomini raccontano in modo diverso, a volte anche opposto. Una cosa che odio è che capita spesso di essere sottovalutate, solo perché sei donna non lo fai bene quanto un uomo. Un po’ come lo stereotipo sulle macchine: gli uomini guidano meglio delle donne, non lo so… io guido bene!
Comunque a parte gli scherzi io penso che il talento emerga sempre, se una cosa è forte e valida puoi essere un uomo, una donna, qualsiasi cosa che suona bene, è forte e si fa sentire. Il talento supera tutto questo gap che esiste ed essere qui è un onore per me perché comunque è una serata totalmente al femminile ed è un qualcosa che è raro e bellissimo.
Che film di Fellini guardi la domenica sul divano?
Ne guardo un paio: La Dolce Vitaper rilassarsi, distendersi e poi Amarcord. Grazie per la citazione al brano!
La malinconia cantata da te risulta ancora più contemplativa: a cosa pensi quando scrivi?
Diciamo che mi scavo un po’ dentro, quando poi incontro quella vena malinconica diventa molto difficile non cedere a quel fascino lì. La malinconia non mi spaventa e anzi cerco di entrare molto in contatto con quelle parti di me più ferite e poi attraverso la musica, che è uno sfogo meraviglioso, è sempre bello riuscire a trasformarle in qualcosa di diverso e di più guarito.
Una cosa che ami e una cosa che odi dell’essere un’artista donna all’interno dell’industria musicale?
Una cosa che amo è proprio quella di portare in luce il punto di vista femminile perché per tanto tempo chi andava per la maggiore ne esprimeva comunque uno maschile e a volte addirittura, nonostante fossero artiste donne magari interpreti, c’era dietro unascrittura di autori uomini. Penso che,essendo la scrittura il prodotto della mente e di come vediamo il mondo, riuscire a mettere in piedi qualcosa che partadalla femminilità è una cosa che mi piace molto. La cosa che odio è che spesso anche da amici ho sentito dire di recente “quest’anno era ovvio che doveva vincere una donna a Sanremo” ed è assurdo per me pensare che sia questo il parametro di gradimento perché è come se si togliesse un po’ il valore artistico no? Io voglio essere considerata un’artista che non abbia per forza una connotazione positiva perché donna. Sogno di arrivare a un punto in cui non ci sia neanche più bisogno di metterla in luce perché venga valorizzata questa cosa, ma che venga da sé.
Il binomio base ritmata-base acustica l’ho sentito molto forte nel tuo album Tutto in una notte, volevo chiederti quinti se ci fosse un tratto della tua personalità più ritmato e uno più acustico?
Ritmato e acustico secondo me descrivono perfettamente la dicotomia della mia personalità. Sono due lati completamente opposti, che è quello che sento vivere dentro di me, quindi secondo me come hai detto tu questi due aggettivi bastano per rappresentarmi. Uno è molto più esuberante, molto più coraggioso e l’altro molto più chill, sad e nel suo mondo.
Quella che canti in qualche testo, come Viale Blignyo Rumore Bianco, è nostalgia? Se si, come e quando scegli di integrarla in un brano? Se no, di cosa si tratta?
Guarda si in realtà hai sentito bene, più che nostalgia la definirei malinconia, che è molto simile. Non è proprio nostalgia di una cosa precisa ma più malinconia generale che pervade, c’è una linea sottile che le distingue poi veramente nel profondo.
Una cosa che ami e una cosa che odi dell’essere un’artista donna all’interno dell’industria musicale?
Il lato che odio può essere anche il lato che amo: dover sempre dimostrare qualcosa in più degli uomini, è difficile ma mi spinge sempre a fare meglio e a fare cose più fighe.
Nelle tue canzoni percepisco veramente molti suoni che però in qualche modo funzionano e si completano, quali sono le tue influenze?
Partendo dall’inizio, ti direi Lauryn Hill con l’album del ’95 intitolato The Miseducation of Lauryn Hill perché comunque per me è stata una svolta. Diciamo che da quel punto ho cominciato ad ascoltare la musica in modo più consapevole: quello che c’è dentro, gli strumenti, i suoni, le parole, l’interpretazione. Poi ovviamente crescendo le cose che mi piacciono si sono diversificate e ora sono innamorata della musica elettronica e sperimentale, Arca in assoluto, Sevdaliza, Eartheater, FKA Twigs.
Ti trovo autentica ed ipnotica. Lo stesso mood che mi prende quando ti ascolto mi ricorda quello di quando in cuffia metto FKA Twigs. Come ti descriveresti in tre parole?
L’influenza che ti possono dare altri artisti è fondamentale anche per la creazione del tuo suono, quindi ti ringrazio per avermi associata a lei. L’importante poi è cercare qualcosa in te stesso quindi mi descriverei come autocritica, a volte vorrei esserlo un po’ meno, vorrei essere un po’ più gentile nei miei confronti. Poi direi coraggiosa e sensibile e testarda, insieme. Comunque la testardaggine mi conferisce la forza, la potenza femminile; la sensibilità invece è qualcosa di più profondo ma che non voglio nascondere.
Una cosa che ami e una cosa che odi dell’essere un’artista donna all’interno dell’industria musicale?
Il giudizio è una cosa molto presente, è una costante del mio lavoro. Ho sempre avuto la sensazione, in quanto donna nera, di dover fare di più, sempre dimostrare più degli altri. Una cosa che mi piace però è proprio la mia femminilità e vorrei sempre essere a mio agio nel mostrare quello che sono; la consapevolezza che io ho del mio corpo è affar mio: se voglio mostrarlo, lo mostro, se non voglio farlo, non lo faccio.
Da dove viene quell’erotismo che sento nella tua musica e come ha influenzato il tuo lavoro?
In realtà credo che si tratti di libertà: nel momento in cui una persona si sente libera nella propria intimità, forse lo è anche quando scrive canzoni, lo è su un palco e quindi di conseguenza ti senti libera di mostrare anche queste parti un po’ più nascoste.
A che fiore hai dedicato 1000 parole e perché?
Ecco allora, quella canzone è un po’ particolare perché è sulla forza della parola però non tanto della forza delle “parole giuste”. Spesso non centra quante parole stai utilizzando, possono essere anche mille ma se dall’altra parte non c’è un orecchio predisposto all’ascolto; nel momento in cui questo fattore viene a mancare, le parole diventano uno spreco. Il fiore quindi diventa metafora della persona che non sa ascoltare.
Una cosa che ami e una cosa che odi dell’essere un’artista donna all’interno dell’industria musicale?
Mi piace che in questo periodo storico, grazie al movimento femminista, la voce delle donne si sta facendo sentire di più e si stanno facendo anche molte più cose a favore dell’arte creata da donne. Di conseguenza essere in questo panorama è sicuramente una cosa buona per me perché c’è più attenzione, è come fare parte di un’evoluzione collettiva. Anche questo evento ne è l’esempio perfetto. Al contrario ci sono molte cose che odio, ma quella che mi da più fastidio è che ogni volta, quando devo parlare con qualcuno, c’è sempre un filtro, una sorta di intermediario (molto spesso sono uomini), come se non si potesse parlare direttamente con me. E viceversa: quando c’è qualcuno che mi deve comunicare qualcosa, c’è sempre qualcuno che fa da passa parola. È come se non riuscissero a considerarmi una persona con la quale possono parlare tranquillamente e io invece vorrei solo sentirmi alla pari.
Se avessi dovuto comporre la colonna sonora di un film, di quale l’avresti voluta realizzare?
Direi Ya No Estoi Aquì, un film che racconta la storia di un ragazzo Cholombiano amante della cumbia rebajadache deve scappare negli Stati Uniti. Tutta la colonna sonora del film è composta da stili diversi di cumbia, che è uno dei miei generi del cuore.
Sappiamo che, oltre alla musica, hai una passione per il fashion. In che modo nella tua vita si parlano questi due mondi?
Credo che queste due realtà siano codipendenti nella mia vita, nel senso che si alimentano e si ispirano a vicenda. Con i miei lavori, che siano musicali o nella moda, faccio il possibile per trasmettere e far conoscere la mia realtà di donna nera, curvy e migrante, ed è per questo che moda e musica si sovrappongono rispecchiando i valori che mi rappresentano.
Una cosa che ami e una cosa che odi dell’essere un’artista donna all’interno dell’industria musicale?
Amo parlare con donne dj o musiciste sui pregiudizi sulle donne nella musica; non amo la pressione che dobbiamo subire nel settore perché, al minimo errore, vengono messe in discussione le nostre competenze.
Il testo mi sembra faccia da protagonista nei tuoi pezzi. Hai fatto dei featuring con artisti che trovano nelle parole, proprio come te, il punto forte; il prossimo, se dovesse essere unə produttorə, con chi ti piacerebbe che fosse?
Mi piace sperimentare, andare a cercare cose diverse da me. Sicuramente farei la stessa cosa per i producer che, emergenti come me, abbiano voglia di unire dei mondi.
In Cuore in Gola citi un disco francese che ascolti in loop, qual è?
Io amo la musica e l’immaginario francese quindi in realtà potrebbe esse un disco di Charlotte Gainsbourg, Serge Gainsburg o Jane Birkin,in generale gli anni 60’gli ascolto spesso. Questa corrente, che ho scoperto intorno ai 18 anni, mi è rimastamolto e sicuramente ha segnato la mia musica.
Una cosa che ami e una cosa che odi dell’essere un’artista donna all’interno dell’industria musicale?
Quello che amo del mio lavoro è la possibilità di esprimermi come voglio in quanto persona e soprattutto in quanto donna. Quello che odio è il giudizio che ne deriva e i limiti a cui, ancora oggi, dobbiamo far fronte ma lavoriamo tutte affinchéquesto non possa più accadere. Viva la musica!!
Ho le tue canzoni in loop da quando ho saputo che avresti partecipato al primo festival di Pixie. Le tue parole sono come un chiaro/scuro all’interno di una base che io, personalmente, descrivo come sperimentale ed elaborata. Che peso hanno le parole nella tua produzione?
Quando produco, quasi sempre tutto nasce dai vocalsche poi magari in un secondo momento sostituisco con la mia voce, che sia campionata o registrata al momento, quindi è proprio una parte fondamentale del mio lavoro generale. La scelta delle parole soprattutto, usandone molto poche, credo sia il processo più complesso perché le devo scegliere bene. Scrivere, in senso generale a 360 gradi, la comunicazione, per me è fondamentale e mi aiuta a mettere in fila i pensieri e da lì poi parte l’espressione. Quando è uscito Kairosclerosismi sono messa in chiaro delle mie stesse emozioni e scrivere mi ha aiutato molto a capire cosa stavo cercando.
Anche tu mi fai lo stesso effetto di Lüzai ma al posto di FKA Twigs, mi ricordi i suoni complessi di Arca. Sono curiosa di sapere la percezione che avete di voi stesse quindi, anche a te, chiedo come ti descriveresti in tre parole.
Come prima parola ti dico caos, che è l’emblema di quello che ho dentro. Kairosclerosis è la seconda che è un’emozione in cui mi sono sentita identificata per un sacco di tempo, nonostante non sia proprio una vibe positiva, mi ha fatta sentire parte di qualcosa. La terza forse è rosso, che non saprei definirlo nello specifico, però è comunque esaustivo.
Una cosa che ami e una cosa che odi dell’essere un’artista donna all’interno dell’industria musicale?
Una cosa che potrebbe essere certamente migliorata è questa tendenza a sminuire la donna in quando tale. Non capisco perché il talento va condizionato in base al sesso, soprattutto nella produzione la noto molto questa cosa. Una cosa che amo è chetra donne c’è molto supporto, si crea un’energia pazzesca.
Da dove nasce Turbolenta? Sia il nome che la necessità di unire diverse identità culturali?
Nasce da una serata in cui io ero molto agitata, un mio amico mi ha guardata e mi ha detto “Sai che sei proprio turbolenta stasera?”. Da lì ho proprio pensato che turbolenta mi descrivesse bene e mi è rimasto sempre fisso da quel giorno, mi piace il fatto che sia “turbo” e “lento” e turbolento stia nel mezzo; mi si addice perfettamente perché in un modo o nell’altro, avendo più origini, è l’unione di tutte le culture che mi rappresentano.
Sicuramente sei una che con i suoi set si prende tutto lo spazio. Cosa vuoi trasmettere quando suoni?
Per me la prima cosa è il senso di libertà, il fatto che si può prendere spazio nel modo che più ti rappresenta. Èimportante per me creare un safe space per le persone che appartengono alla diaspora, nello specifico quella araba e nord africana, perché nei club di solito viene lasciata fuori. Quello che voglio trasmettere non arriva tramite un genere musicale fisso, perché non ce l’ho, ma più da un sentimento: non è razionalità, è quello che sento e quello che sente il pubblico davanti a me, anche loro mi danno delle risposte facendomi capire che cos’è meglio per quella sera.
Una cosa che ami e una cosa che odi dell’essere un’artista donna all’interno dell’industria musicale?
Una cosa che non mi piace è che, spesso e volentieri, devi collaborare con uomini e non sai mai se l’offerta di lavoro sia con un secondo interesse o meno, cosa che non succede con le donne. Ciò che mi piace è che sento come se stessi esprimendo al meglio la mia essenza di donna: il mio set per me non è solo suonare ma anche ballare, il ballo è un rituale da condividere e di questo sono molto grata.
Avete fatto vibrare i sentimenti e la Santeria, grazie ragazze.
Foto di Greta Futura
Set design di Giuditta Vettese
Dressing Fantabody
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