La prima domanda che vorrei farti riguarda il concetto di maternità che ritorna nei
tuoi lavori e nelle tue parole come materia di indagine. Ci sono teorie controverse
rispetto a cosa significhi essere madre oggi: le teorie eco femministe sostengono
che il sistema patriarcale e capitalista sfrutti il corpo femminile attraverso la
riproduzione forzata e che rendano la maternità un lavoro non retribuito che
perpetua la subordinazione femminile, relegando le donne alla sfera privata senza
alcuna autonomia. Acquista rilevanza il tema del rapporto tra il dominio della natura
e la subordinazione femminile, in relazione al legame natura-corpo, dove si verifica
una sovrapposizione tra lo sfruttamento delle risorse naturali e il potenziale
sessuale-procreativo. Cosa ne pensi e in che modo viene raccontato nel tuo lavoro
pittorico?
Più che la maternità, finora in vari dipinti, per esempio Nascere, che ho presentato al
premio Cairo, e poi a Chateau La Coste e adesso a miArt con Cassina Projects, sto
affrontando specificamente il tema della nascita. Sono cresciuta guardando una storia
dell’arte soprattutto Europea, quindi mi sono abituata a vedere ed accettare Madonne
incinte e madonne allattanti. E il parto in tutto questo? Quali opere d'arte posso nominare,
che siano immagini che raffigurano il travaglio ed il momento in cui si mette al mondo una
creatura? Ho visto qualche opera medievale, e più recentemente—grazie a Dana Schutz e
Miriam Cahn. Ma nell'insieme, di dipinti di parti ne ho visti pochi.
In questo momento io non sono madre, ma intorno a me amiche e colleghe le stanno
diventando, o le sono da poco. Per la fase di ricerca del dipinto Nascere, ho parlato con
varie donne che hanno partorito. Ho raccolto le loro testimonianze e scritto le sensazioni
che mi raccontavano —evocavano un dolore così forte che era come se fosse incendiato
il corpo. Di stanchezza, e allo stesso tempo, di una forza interiore così potente che si
sentivano entrare in trance . Altre mi parlavano di trasformarsi in animali, altre ancora di
sentirsi in unione con il mondo intero e di partecipare a un rito ancestrale. Queste
esperienze mi sembrano materia importantissima per contribuire alla rappresentazione
del corpo femminile. In quanto pittrice penso sia interessante esplorare i colori, il tema, la
composizione che può nascere da quest’insieme di sensazioni.
In riferimento al tuo processo pittorico hai menzionato un’idea precisa di tempo
lento, in qualche modo rallentato. Mi ha fatto pensare all’idea di cura e di potere
curativo, quasi spirituale, come se la realizzazione attraverso la pittura non fosse
solo gestuale ma rituale, ripetitivo come un mantra. L’idea di cura e guarigione sono
estremamente legate ad un universo di saperi appartenenti alle donne che sono
state tacciate di stregoneria. In che modo ti rapporti al concetto di cura e al
processo che ti porta a realizzare i tuoi lavori?
Nello stesso modo in cui un'immagine ci può fare stare male, tutti e tutte possiamo
sentire che certe immagini ci restituiscono pace e serenità. Nei miei ultimi dipinti certi
quadri fanno riferimento molto diretto all'idea di guarigione, ce ne sono addirittura due
che si intitolano "Guarire (pittura)" e "Guarire II". Carol Rama diceva che dipingeva per
guarirsi. Mi ha ispirata ad ammettere apertamente che anche io la penso così. C'è stato
un momento quando ero studentessa intorno al 2010, alla Central Saint Martin's School a
Londra, in cui parlare dell'aspetto curativo dell'arte faceva ridere tutti, non era cool.
Nella mia ricerca passo ore e ore a giocare con colori e materie. Certi colori provocano
sensazioni di sollievo e vitalità. Mettere un rosso accanto a un giallo, aggiungere unostrato di bianco leggero intorno al disegno di una mano blu prussia... è tutto un gioco di
equilibri dove lo standard è altamente personale, e quindi le regole le reinvento. I coloristi
che più mi hanno affascinata sono Pierre Bonnard e Mark Rothko. Stando di fronte a certi
dipinto di Bonnard provo sollievo e amore per il mondo. La mostra di Rothko a Fondation
Louis Vuitton è stata terribilmente angosciante, eppure ci sono tornata due volte. Ma
sorpassato l'impatto di tristezza e pesantezza di certi quadri di Rothko, mi sono sentita
“espandere”. Non saprei spiegarlo molto bene in parole …
I colori primari sono molto importanti per me, il rosso mi sveglia, il giallo in qualche modo
lo interpreto come luce ed energia, quasi solare. Ho intitolato uno degli ultimi quadri
“Luce, Sangue, Stelle” per i colori e per l’energia che mi trasmette la pittura. Energia
vitale.
I tuoi lavori sono abitati da figure ibride, corpi femminili, piante, o anche solo
elementi del corpo isolati. Chi sono queste figure e da dove vengono?
Ho tante teorie…ma non saprei esattamente chi sono questi personaggi, spiriti, piante…
partono da me ma appartengono a tutti e tutte noi. Prima di dipingere e disegnare, cerco
di meditare e/o fare sport, e scrivo tre pagine di scrittura automatica senza censurarmi.
Come per svuotare la mente. Ci metto almeno un paio di ore ad arrivare allo stato che
cerco, ormai fa parte della pratica artistica come preparare le palette o lavare i pennelli.
Quando ci arrivo non sto più pensando in parole o in pensieri coerenti. Le immagini che
arrivano hanno quindi la loro propria logica e arrivano come vogliono loro. Questo stato
non dura molto e appena mi rendo conto che sto pensando in frasi oppure sto esitando
troppo prima di fare un tratto, smetto di lavorare. E lì mi diverto a chiedermi cosa
potrebbero rappresentare queste immagini. Sono simboli personali? Sono investiti con un
loro significato per me misterioso. Un momento importante è la scelta del titolo, che
aiuterà lo spettatore/spettatrice ad interpretare quello che vedono, dandogli una pista
narrativa o un contesto meno astratto.
Da anni, c’è un personaggio di una donna nuda calva con gli occhi chiusi che si distende
che si ripete in vari dipinti. Potrebbe essere un alter ego o un autoritratto in forma quasi-
umana. Un contenitore della mia essenza.
Mi sono imbattuta in un tuo riferimento al concetto di rovine. Attraverso una visione
femminista, il concetto di rovine non è solo connesso ad una rappresentazione
maschile di un impero decaduto. Le rovine potrebbero essere riesaminate per
comprendere spazi tradizionalmente associati al lavoro femminile, alla vitadomestica e alle pratiche culturali. Studiando le rovine da questa prospettiva,
possiamo tentare di recuperare le storie perdute di donne che hanno contribuito a
queste società. Inoltre, secondo le teorie del Posthumanesimo, le rovine diventano
potenti simboli dell'impermanenza umana e della possibilità di convivenza con altre
forme di vita al di là dell'umano, criticando l'eccezionalismo umano. Secondo
questo modo di vedere, la rovina non significa la fine, ma una fioritura di
potenzialità. Come ti posizioni rispetto a questo?
Da ventenne ero così depressa mentre studiavo testi femministi perché mi rendevo conto
dell'esclusione sistematica delle donne nella società. Mi faceva disperare la realtà che mi
veniva raccontata. Mi chiedevo spesso in che stato si sarebbe trovato il mondo oggi se la
società fosse stata più giusta e questo mondo parallelo mi riempiva di rabbia e tristezza.
Ma se non si trova speranza nelle rovine si rischia di cadere in un'attitudine di
vittimizzazione e di autodistruzione.
NLWG è nato da un rifiuto dell'atto di seppellire un corpo deceduto in una bara. Nel
dipinto si vedono parti di corpo sminuzzate e seppellite . Dai diversi pezzi–piede, mano,
cuore–nascono piante. È un’allusione ai cicli di vita. Ed ad accettare che nel lutto ci si può
connettere ancora più intensamente ad apprezzare la vita. Niente è permanente ,
nemmeno l’illusione che tutto sia finito . Tutto cambia, cresce e prende forme inaspettate.
Tu menzioni idee teorie di postumanesimo. Io penso a certe meditazioni che insegnano
ad affrontare, accogliere ciò che è fragile, vulnerabile e “rovinato”, per trasformarlo in
qualcosa che non sia un rifiuto ma una parte integrata in noi. Il shadow side come lo
chiamava Carl Gustav Jung.
Foto di Greta Futura
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