Nutrire la rivoluzione - Collective conversation with Abuela Cooks
- Giovanna Gallace
- 29 apr
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 5 mag

Il sistema alimentare è una delle principali forze ad alto impatto ambientale, ma offre anche una via per la trasformazione e la guarigione globale. Cambiare la maniera in cui ci nutriamo non riguarda solo il nostro benessere fisico e mentale, ma anche il modo in cui il cibo connette culture, supporta economie e alimenta politiche. L’America Latina ospita il 50% della biodiversità mondiale. In questo contesto, Abuela Cooks di Francesca Imbrosciano, un’artista e ricercatrice argentina, è un atto di resistenza culturale ed ecologica.
Il suo progetto esplora la potenza trasformativa del cibo come metafora di memoria, identità e lotta. Custodendo tradizioni alimentari ancestrali che si collegano alle tradizioni locali, Francesca è una guaritrice. Abuela Cooks è un progetto che intreccia cucina, tradizione e pratiche ecologiche. Attraverso il recupero delle usanze indigene Mapuche e Guaraní, l'esplorazione dell’agroforestazione e della sovranità alimentare, la sua fondatrice costruisce un racconto vivo di resistenza e rigenerazione. Il cibo diventa così strumento di cura, archivio di memoria e atto politico verso comunità più resilienti. Il collettivo da lei fondato, CHild Collective, rappresenta il terreno fertile dove queste pratiche si uniscono alla necessità di spazi inclusivi e collaborativi. Questa piattaforma, oltre a dare spazio ad una ricerca open source, segue un approccio decentralizzato, che ad oggi ha aiutato a recuperare oltre 35 tonnellate di spreco alimentare da capitali europee e sudamericane. Francesca ci invita a immaginare una nuova visione di solidarietà e inclusione, dove ogni gesto, ogni piatto preparato, diventa manifesto di un impegno collettivo verso un futuro più equo e consapevole.
In questa conversazione, esploriamo come il cibo possa stimolare una rivoluzione che sia tanto personale quanto sociale, una rivoluzione che cura, nutre e cambia le nostre relazioni umane e culturali.
"In the estuary where the forest kisses the sea,
we gather in silence,
to hear the echoes of waters long polluted,
to feel the weight of the oysters’ empty shells,
where no kelp forest rises,
and 500-year-old sharks glide in the shadows of memory.
We come not to take, but to dissolve—
to let our souls decompose,
as Holge's name, whispered into the depths,
vanishes like molecules in the current,
becoming part of the water that now flows through our veins.
Here, where the past lingers in every drop,
we lament the forgotten life,
and in communion with these waters,
we surrender,
disappearing into the eternal memory of the sea,
leaving only the echo of our presence,
a quiet offering to the tides of rebirth."

Il tuo lavoro emerge da una lunga interazione tra arte, attivismo ecofemminista e ricerca. Come definiresti il tuo percorso artistico e come ha portato alla creazione di Abuela Cooks?
Il mio percorso è un incrocio tra pratiche ecofemministe, attivismo e ricerca scientifica. Abuela Cooks nasce come un laboratorio che indaga il cibo non solo come nutrimento, ma come atto politico e resistenza. Il progetto esplora la sua capacità di raccontare storie, custodire memorie e abbattere i sistemi estrattivi che dominano le pratiche alimentari.
I temi che affronti in Abuela Cooks vanno ben oltre la cucina. Come articoli insieme elementi come la sovranità alimentare, la fermentazione e l’ecologia nelle tue pratiche artistiche?
Abuela Cooks indaga temi cruciali come lo spreco alimentare e la sovranità alimentare. L’idea di fermentazione come metafora per la resistenza è centrale, soprattutto in un mondo che estrae risorse in modo incontrollato. La sovranità alimentare è anche una lotta contro la disuguaglianza e la gestione errata delle risorse. Attraverso la creazione di sistemi circolari e pratiche di recupero, Abuela Cooks cerca di proporre alternative che non solo curano, ma rigenerano.
Il cibo è da sempre un potente strumento di narrazione e identità. Come si inserisce questo nella tua pratica artistica?
Il cibo è indissolubilmente legato alla memoria storica e culturale. La sua capacità di raccontare storie di migrazione, colonialismo e resistenza è il cuore del mio lavoro. Con Abuela Cooks voglio che il cibo diventi un atto consapevole di rivendicazione, in cui ogni piatto preparato è una forma di resistenza e di riconquista dell’identità. La cucina, quindi, non è solo un gesto quotidiano, ma un atto politico di riconnessione.
Come si è evoluto Abuela Cooks nel tempo? E quali sono le sue direzioni future?
Abuela Cooks è passato da un’introspezione personale sulla fermentazione e lo spreco alimentare a un progetto globale che connette laboratori, performance e installazioni artistiche. Ora mi sto concentrando su laboratori mobili e sulla creazione di cucine sperimentali, anche nell’ambito di ricerche sul cambiamento climatico e la biodiversità. Tra le prossime sfide c’è un programma di studi sull’Artico e Antartico, in cui esploro la resilienza climatica e le tecniche di conservazione alimentare indigene. Il programma si chiamerà “Fermenting Humans”, e non solo esplorerà la fermentazione come intersezione per una nuova prospettiva scientifica post-naturalistica, ma connetterà anche gli studi fatti nelle due regioni polari.


"L'inquinamento non è una manifestazione o un effetto collaterale del colonialismo, ma piuttosto un'espressione delle relazioni coloniali tuttora in atto con la terra. Inquinamento: sintomo della violenza. Questa installazione e collezione di strutture compostabili non è solo un'opera d'arte, ma un ponte tra il tangibile e lo spirituale, che comunica la profonda connessione tra esseri umani e natura attraverso l'atto del nutrimento e della guarigione collettiva.La storia ci restituisce la conoscenza del riconoscere la guarigione e la liberazione collettiva."
Abuela Cooks
Nelle tue installazioni e ricerche, l’acqua è sempre una delle principali protagoniste. Che risonanza trova nelle tue pratiche ecofemministe?
L’acqua è una risorsa politica, e l'inquinamento delle acque non riguarda solo l'ambiente, ma anche le ingiustizie sociali che colpiscono in modo particolare le donne e le comunità indigene. Con il mio lavoro, cerco di restituire all’acqua un valore di bene comune, indagando le sue memorie ecologiche attraverso suoni e pratiche rigenerative. Il mio obiettivo è amplificare le voci di chi vive l’acqua come una risorsa sacra e vitale, non come un bene da sfruttare.
Ricercatrice e artista. Trovare un equilibrio diventa necessario per trasformare scoperte in arte. Come sviluppi le informazioni scientifiche in processo creativo?
Il mio processo creativo parte sempre da una domanda che nasce dall’osservazione diretta del mondo naturale o dalle storie che raccolgo dalle persone. Si evolve in un dialogo costante tra materiali naturali, scienza e arte. Lavoro a stretto contatto con comunità, scienziati e cuochi, raccogliendo sensazioni e storie che trasformerò in installazioni, performance e laboratori. Ogni progetto è un'esperienza che si sviluppa nel tempo e nello spazio, mai rigida, ma sempre fluida, per adattarsi ai contesti e alle persone con cui interagisce.

Abuela Cooks è un invito a riflettere su come le pratiche quotidiane, come il cibo, possano diventare strumenti di cambiamento profondo. Preserva tradizioni e riscrive il futuro della sostenibilità attraverso una visione ecofemminista che sfida le strutture dominanti. Il suo lavoro, intrecciando arte, attivismo e connessione, apre spazi per una trasformazione collettiva, dove ogni gesto è parte di una rivoluzione silenziosa, ma potente.