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  • Emma Marinoni

Da femcel a coquette: breve storia di un internet aesthetic



L’espressione incel (contrazione di “involuntary celibate”) nella cultura popolare odierna indica un uomo cisgender che si ritrova single contro la sua volontà. Le comunità incel spesso si organizzano su forum come 4chan, dove utilizzano linguaggio pesante e carico di odio non solo verso le donne ma di frequente anche verso gli uomini che riescono ad avere relazioni (cosiddetti chad). In alcuni casi la violenza non è solo verbale: alcuni attentati in America sono stati rivendicati da gruppi incel. Di recente, un fenomeno ad esso parallelo sta acquisendo sempre più popolarità: quello della femcel



In origine il termine femcel veniva utilizzato semplicemente per indicare una controparte femminile degli incel – con cui le comunità femcel originali avevano parecchi tratti in comune, fra gli altri appunto la mancanza di relazioni (sessuali e non) e i sentimenti collettivi di odio e rabbia (non manca la misoginia e in particolare l’omotransfobia: molte femcel sono TERF). Tuttavia, la differenza principale tra i due gruppi sta nel fatto che il bersaglio di questo odio non sia costituito solo ed esclusivamente da persone esterne, ma che spesso coincida con le femcel stesse, che si considerano come persone fondamentalmente difettose, e sono convinte che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in loro – e ciò sarebbe la causa della loro solitudine.  


Verso la fine del 2021, il termine femcel inizia non solo a diventare più popolare ma anche a cambiare di significato: ad assegnarli lo status ufficiale di fenomeno culturale è l’uscita a giugno 2022 di un articolo su i_D intitolato “What is a femcel and are you one?”. L’articolo si propone di analizzare l’evoluzione del termine, definendo la “nuova generazione” di femcel come più interessata all’estetica del fenomeno che al suo significato originale. In altre parole, non si tratta più di femcel ma di femcelcore: l’aggiunta del suffisso -core denota femcel non più come un gruppo di persone definito, ma come un’identità estetica.  


La nuova femcel non è quindi più contraddistinta dalla totale mancanza di relazioni ma dai media che sceglie di consumare. L’articolo di i_D, nel tentativo di profilare la femcel, rivolge al lettore una serie di domande: 


Hey, do you like listening to Lana Del Rey? What about Fiona Apple? Mitski, Hole, Melanie Martinez, MARINA? Can you recite the ‘cool girl’ speech from Gone Girl verbatim? Do you have a favourite Lisbon sister (and is it Lux)? Are you still mourning the loss of Tumblr? Do you like to read Vladimir Nabokov’s Lolita? Pressed to describe yourself, or to have others describe you, would you be comfortable with adjectives like “toxic” or “manipulative”? If the answer to any of these questions is ‘yes’, then congratulations — you might be a femcel.


Uno dei tanti elementi che ha contribuito all’estrema diffusione online del fenomeno femcel potrebbe essere rintracciato nella grande popolarità raggiunta dal romanzo Il mio anno di riposo e oblio di Ottessa Moshfegh durante la prima ondata della pandemia di Covid-19 (nonostante la sua pubblicazione risalga al 2018). La narratrice/protagonista è una giovane, magra e ricca ragazza bionda che lascia il proprio lavoro e decide di dormire per un anno intero, ritirandosi nel proprio appartamento di lusso dell’Upper East Side (da qui la popolarità durante il lockdown) e approfittandosi in tutti i modi di psichiatri, amici ed ex colleghi per raggiungere il suo scopo. 



Tipico del femcelcore è anche infatti il rivendicare i tratti più tossici e manipolativi della propria personalità – persino l’astinenza sessuale, quando ancora sussiste, si tratta più di un’espressione di odio e vendetta personale verso gli uomini che di una condizione involontaria. La malattia mentale costituisce un altro tema rilevante del femcelcore, spesso usato per rivendicare la propria differenza dalle “other girls” o in giustapposizione con elementi iperfemminili – un esempio fondante possono essere le grandi quantità di meme generati dagli user di TikTok e Pinterest, la cui maggior parte riguarda il rapporto con gli uomini (su uno spettro tra antipatia e misandria) o, appunto, “just girly things”, che però, invece di indicare cose “normali”, mostrano cryptids e backrooms.


Attraverso il consumo di film specifici (tra gli altri Il Cigno Nero, Il Giardino delle Vergini Suicide, Gone Girl) o attraverso l’ascolto di “female manipulator music” come quella citata all’inizio dell’articolo di i_D, il femcelcore è diventato un’identità estremamente curata, che avrà la sua apoteosi estetica nella successiva coquette. 


Espressione francese che indica una donna frivola o civetta, coquette fa riferimento ad oggetti, abiti e accessori iperfemminili, spesso rosa o dotati di fiocchi. Coquette è la pura estetizzazione della femcel in beni di consumo. Attraverso questo processo il grosso delle caratteristiche della seconda viene spazzato via – ne rimangono tracce nei meme e negli inside joke su internet. Ma si tratta di un’identità che vale la pena rivendicare, dopo tutto?


Se l’estetica femcel corrisponde a solo una delle tante identità possibili da adottare in un mondo sempre più diviso e individualista, è anche vero che essa può costituire un canale di sfogo per i sentimenti (anche legittimi) di rabbia verso gli uomini o per rivendicare di essere a proprio agio anche con le proprie parti più problematiche. Tuttavia, il fatto che questo approccio sia eccessivamente limitante risulta chiaro anche solo analizzando i media femcel: le protagoniste dei libri di Ottessa Moshfegh o dei film sopracitati possono essere personaggi femminili sì problematici e terribili, ma a renderli particolarmente validi è proprio il loro essere complessi – complessità che, nel terreno dei social, tende a assottigliarsi e sparire dietro la semplice apparenza estetica, che diventa facilmente replicabile tramite l’acquisto di un determinato oggetto piuttosto che un altro.  



La cristallizzazione in -core dei diversi fenomeni estetici su internet da un lato può costituire un’occasione di comunità e socialità ancora possibile online, dall’altro contribuisce a disegnare bersagli perfetti per il capitalismo avanzato: ad oggi in librerie americane esistono scaffali di libri coquette. Femcel è solo uno dei tanti aesthetic che ormai sono innanzitutto determinati da che tipo di prodotto si sceglie di consumare – e il continuo processo verso la sua più totale estetizzazione lo rende un’entità sempre più commercializzabile, in cui qualunque elemento anche solo potenzialmente sovversivo scompare.

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